Vi presento Mimì

No, non è il ricordo di Mimì, Mia Martini, non sarei in grado di scriverne. Mimì è il mio alter ego, di nome e di fatto. Nel senso che Mimì, almeno per chi è terrone, è un simpatico ed elegante diminuitivo di Domenico/a, che sarebbe il mio nome reale. Siccome però tutti, a partire da mia madre che fu la prima, mi chiamano Nica, ho pensato che sarebbe stato giusto battezzare la mia bici col nome di Mimì. Lei, in questo momento della mia vita, è il mio alter ego, una sorta di specchio delle mie brame, per dirla alla maniera della strega cattiva di Biancaneve.

Ha cominciato a far parte della mia vita il 14 marzo 2014, quando l’ho presa in consegna dal suo papà di fattura, Peter Boeris che, quasi con le lacrime agli occhi, l’ha lasciata andare, raccomandandomi di trattarla bene.

Boeris, Daniele, Mimì e io

Boeris, Daniele, Mimì e io

Quando uno strumento è stato costruito da un artigiano il compratore non può mai darsi il titolo di proprietario di quell’oggetto, perchè esso, pur se in uso di altri, rimane sempre un po’ del suo costruttore. E così è per la mia bici. Ne riconosco la paternità in Peter Boeris, è lui che ha messo al mondo Mimì, io l’ho solo adottata, promettendo di prendermene cura e di crescerla bene. Ecco, è così.

È una city bike modello femminile di colore blu con cambio a 7 marce, parafanghi grigio perlato, luce anteriore che si alimenta con la dinamo, portapacchi anteriore e posteriore (addirittura potrebbe ospitare un passeggero!), sellino nero che ben si conforma al mio sederino, campanellino -che presto avrà almeno un gemello, temo-, è una 26” (per chi non sapesse, il diametro della ruota misura 26 pollici). Dovrò aggiungervi ancora di sicuro il porta borraccia, qualche catarifrangente qua e là, ma ho già dato il via ai miei acquisti: il casco, un borsino per gli attrezzi piazzabile sotto sella, camere d’aria di ricambio, chiave multipla, il kit per riparare le gomme, guanti antiurto, maglie antisudore, golfini di pile adatti quasi per tutte le stagioni, pantaloncini imbottiti che favoriscono la seduta sul sellino, occhiali antivento, e sto analizzando con attenzione altri strumenti come un valido impermeabile, le borse da viaggio, una borsa anteriore che sia più comoda per il necessario da avere sempre sotto gli occhi e che sia utile per i viaggi brevi, un sacco a pelo poco ingombrante da poter legare sul portapacchi o sulle borse posteriori, un paio di scarpe da ginnastica resistenti e antipioggia, una tuta antipioggia -che tanto mi affascina!-, calzini antisudore.

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Ho comprato anche una catena di acciaio, di quelle che quando sollevi la bici senti la differenza perchè la catena è attaccata al sellino. Inutile dire che anche legandola non mi fiderei di lasciare la mia bici in giro per troppo tempo, chi ruba bici per mestiere riuscirebbe a rompere anche questa catena. Quando si dice che la bici fa provare i brividi: uno per esempio lo si sente quando si è appena scoperto che l’hanno rubata e si osserva inspiegabilmente che il posto che occupava è vuoto. Mi è capitato e non è una bella sensazione, soprattutto quando si usa la bici anche per andarci a lavorare.

Ora sono in buona compagnia. Mimì è entrata nel gruppo, che sarebbe composto da me, dalla Rossa, la mia Atala usata da città che, nonostante non sia in perfetta forma, mi sostiene nelle mie pedalate quotidiane, da Daniele e dalle sue due bici. Un’allegra famiglia che, causa forza maggiore, le trasferte le fa sempre in quattro! Le uscite sono state solo due ancora, una breve gita Torino- Venaria, Parco La Mandria, con gli amici del Bike Pride, giusto per provare l’assetto, e una gitarella più seria, soprattutto per i muscoli, Torino- Envìe (Cuneo), in parte in treno. E devo dire che Mimì ha risposto molto bene, soprattutto che goduria con il cambio! A tratti ero una bambina divertita a spostare le levette ogni pochi secondi! Ma questi viaggi saranno oggetto di altri spazi che occuperò nei prossimi giorni.

2014-03-14 17.37.56Feminism lives recita la mia maglia, a simbolo di tutte quelle donne che in qualsiasi Paese e momento storico hanno usato e usano la bicicletta come mezzo reale e ideale di lotta per l’affermazione dei diritti, individuali e collettivi. Dall’Arabia Saudita, di cui mi viene in mente il film La bicicletta verde, della regista Haifaa al- Mansour, all’Italia delle staffette partigiane, alle donne che scelgono semplicemente la bici come mezzo di trasporto per recarsi a lavoro. Ma questa è un’altra storia da raccontare.

Non credo di saper descrivere quanto sia stato emozionante vedere per la prima volta quella che sarebbe diventata Mimì, forse neanche con la mia prima bici il momento è stato così intenso.

la mia prima bici

la mia prima bici

Anche perchè, prima di acquistarla, l’artigiano Boeris ha preso le misure di quasi tutte le parti del mio corpo, lunghezza braccia gambe bacino, mi ha fatto camminare ad occhi chiusi per conoscere l’asse di equilibrio, insomma il 14 marzo sapevo che lì al negozio avrei trovato la MIA bici. Ecco perchè non poteva che chiamarsi Mimì.

Il nostro vero battesimo avverrà con la partecipazione alla Staffetta della memoria, in programma dal 25 aprile al 1 maggio prossimi, alla quale saremo presenti solo negli ultimi tre giorni, attraversando parte dell’Emilia Romagna e delle Marche, lungo quella che fu la linea gotica, il tracciato difensivo lungo oltre 300 km che i tedeschi avevano istituito durante la Seconda Guerra Mondiale per rallentare l’avanzata degli Alleati verso il nord.

Pur chiamandosi city bike, credo che, almeno nelle mie intenzioni attuali, non girerà molto per le strade della città di Turìn, non spodesterà la mia Rossa, la battagliera, più adatta in effetti alla quotidiana battaglia che si combatte appena usciti di casa tutti i santi giorni per cercare prima di tutto di farsi notare dagli automobilisti molto distratti e poco abituati alla nostra presenza. Questo per dire, e concludo, che per rendere una città ciclabile non bastano chilometri di piste (da capire poi in che condizioni versino e di quale segnaletica siano fornite!) e infrastrutture all’avanguardia ma è necessario un cambiamento di mentalità che favorisca l’aumento della sicurezza sulla strada per i ciclisti, per esempio indurre il rallentamento del traffico e la diminuzione delle auto sulle strade. E considerare anche che l’uso dell’auto causa un danno collettivo all’ambiente e quindi alle persone. Ma il dossier L’A-bici della ciclabilità di Legambiente- Rete Mobilità nuova -Bikeitalia.it aiuta certamente meglio a riflettere sulla questione. Qui è possibile leggerne le anticipazioni prodotte e presentate durante la fiera Fa’ la cosa giusta a Milano lo scorso marzo scaricando il pdf in calce alla pagina. FATE NOI!

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2 risposte a Vi presento Mimì

  1. incostantericerca ha detto:

    E’ vero, è la mentalità che ci manca, io rischio spesso di essere investito perchè la bici viene ancora intesa come un mezzo inferiore, che non gode di precedenze e di uguali diritti della strada

  2. Leonardo Recchia ha detto:

    Ciao nica, segnati il mio nuovo indirizzo email e cancella questo. lrecchi3@gmail.com baci

    Il giorno 03 aprile 2014 21:19, Pensieri e a(v)volte parole: ovvero come sbarcare

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